Vi voglio raccontare questo aneddoto, perché ha dell’incredibile. 

In volo, sono passato sui cieli di New York, che è uno degli spazi aerei più controllati e trafficati al mondo. Si fa fatica a trovare uno spazio vuoto in frequenza per passare il proprio messaggio. E questa controllora di volo ci contatta e ci chiede: 

“ma siete voi, l’L-39?” 

“sì”

“Qua c'è un mio collega appassionato di velivoli storici che mi chiede cosa state facendo. Me lo racconti?”

Quindi in frequenza libera, dove tutti i traffici su New York contro ci sentivano, ci siamo fatti questo scambio di chiacchiere da bar per due minuti e mezzo. 

Immaginatevi di fermarvi al casello dell’A1 a parlare col casellante nell’ora di punto. Moltiplicatelo per mille e avrete una vaga idea del traffico che stavamo bloccando. Sono sicuro che c'erano degli altri piloti che ci stavano imprecando dietro. 

Entrando in Canada, le difficoltà non si sono fatte attendere. 

Ma voi, lo sapevate che il Canada ha il suo Green Pass? 

Sapevate che per entrare in Canada, devi ottenere l’autorizzazione sanitaria sulla loro applicazione? Sapevate che il visto deve essere richiesto qualche giorno prima?

Chiamo l’immigrazione del Canada che mi dice:

“Ma, signor Milano, lei ce l’ha il numero d’ingresso?”

E io: “come lo ottengo?”

“vada sul sito, faccia così, riempia quel modulo lì…”

“Fatto.”

E questa controllora non se n’è preoccupata nemmeno lontanamente: due minuti e mezzo, a quelle velocità di volo sono un’eternità. Un pilota di linea rischia di saltare lo scalo. Ma ve lo immaginate un 747 che all’ultimo cambia aeroporto perché i controlli a terra non gli hanno risposto?

“Ma, signor Milano, lei è vaccinato?”

“Sì.”

“Ha il documento numero…, codice…”

“…”

“scarichi l’applicazione, faccia così, metta i suoi dati lì…”

Mi sono scaricato tutti i numeri possibili degli uffici del Canada. Appena sono atterrato ho chiamato l’immigrazione e gli ho detto: “sono in Canada. Questo sono io, questi i miei documenti. Tra poco me ne vado.”

---