Rotta dell'L-39 per Iceland
Rotta dell'L-39 per Iceland

Keflavík

KEF
WIC
Islanda
Aeroporto di Keflavík
Scozia
Wick John O' Groats Airport
TAKE OFF 10:30 UTC
LANDING 13:18 UTC

La mattina dopo, pronto per partire, vado in reception e chiedo:

“signorina, posso avere la ricevuta?” pronto per partire alle sette in punto. 

Passano cinque minuti, mi affaccio alla reception e chiedo ancora:

“signorina, posso avere la ricevuta?”

“ah… sono nuova…”

La guarda in faccia. 30 secondi di silenzio Imbarazzantissimo. 

“Chiami, il suo supervisore?”

“ah, ok.”

Decisamente non è un problema di lingua.

Mi stampa la ricevuta. Sbagliata. 

Tutte le raccomandazioni che avevo fatto al collega non sono servite.

Glie l’ho fatto gentilmente notare.

“ah… sono nuova…”

Rimango tranquillo e le spiego: “guarda, ho bisogno della fattura, con le coordinate giuste della Associazione di volo.” Guarda il computer e inizia a spostare il mouse a caso. Le dico: 

“ti spiace se faccio io?”

“no, no, ok.”

Compilo tutti i campi e le dico: “ok, puoi stampare.”

Altri trenta secondi di silenzio imbarazzante. Le suggerisco: “chiama il tuo manager, se non ci riesci.”

Dopo dieci minuti, arriva, guarda il pc e mi dice: 

“lei ha già fatto il check out?”

“Sì.”

“ah, allora non si può più stampare.”

Trattenermi è un’impresa difficile, ma non ho abbastanza tempo per arrabbiarmi: devo essere in aeroporto alle 7:30. Sono le 7:15. Scrivo la mail dell’Associazione: 

“questa è la mail a cui dovete spedire la fattura corretta. Non mi interessa come farete, ma mi serve che abbia i dati giusti. Ora io parto. Pensateci voi.”

Devo ammettere che non avevo alcuna speranza di vederla arrivare, e invece, non ho idea di come ci siano riusciti alla fine, ma me l’hanno inviata. 


Sono quasi fuori dall’albergo, pronto per andare all’aeroporto. Chiedo alla ragazza della fattura:

“sono pronto per andare. C’è l’autista?”

“No.”

“lo chiami?”

“No.”

“No?”

“Oggi non c’è.”

“Come no? Me lo hanno prenotato ieri i tuoi colleghi.”

“Oggi è a pescare.”

Se vi foste chiesti cosa si fa a Narsarsuaq nei giorni liberi, si pesca. In effetti, fare altro è difficile: si pesca. Anche se magari quello non è il vostro giorno libero, perché uno dei rari clienti ha prenotato un passaggio dall’albergo all’aeroporto. Anche se, il passaggio, vi avrebbe portato via molto meno di cucinare una bistecca di umingmaq, che tra l’albergo e l’aeroporto non ci corre più di un chilometro a stare larghi. Ma voi dovete pescare. E io, con la mia tuta arancione impermeabile e il mio zaino non posso che farmela a piedi. In salita, con una pioggerellina fredda e umida in faccia. 


Mentre camminavo, guardavo la vallata dalla quale ero atterrato: il vento che veniva giù il vento stava portando aria fredda che condensando faceva dei mulinelli. La visibilità inizia a scendere. Non era un buon segno. Tra me e me pensavo: “ok, al sicuro a terra, ma un altro giorno qui io non ce lo passo.” Ne ho visti di posti miseri, ma un albergo come quello era davvero troppo per due notti. 


Arrivo in aeroporto, i ragazzi della torre sono gentilissimi. Gli chiedo:

“Com’è il tempo?”

“Prima era molto meglio.”

E grazie. Prima stavo combattendo per una fattura.

Devo caricare la batteria dell’aereo per essere sicuro che la messa in moto non dia problemi. 

“Mi serve il generatore di corrente, potete chiederlo?” 

Il tizo, gentilissimo, chiama i meccanici a fondo pista. poi mi fa:

“No, il generatore c’è. Ma non funziona. Bisogna portare l’aeroplano all’unità fissa”

Vuol dire: bisogna spostare l’aereo di cinquecento metri. Salvo che l’aereo è in fondo alla pista, e i cinquecento metri sono tutti in discesa. Poco male, col trattorino lo si porta su. Salvo che neanche il trattorino va bene, perché la barra di metallo che hanno, che serve per agganciare gli aerei al trattore non va bene per un aereo che ha una fusoliera così lunga: la punta toccherebbe contro il trattore. E per un aereo che devo volare a seicento e passa chilometri orari sull’Oceano Atlantico, un’ammaccatura è l’ultima cosa che uno vorrebbe. Morale, niente barra, niente trattore. L’aereo va spostato senza trattorino. I tecnici mi suggeriscono: 

“nessun problema. Sali sull’aereo, e scendi lungo la pista, frenando dall’abitacolo.”

Piccolo problema: i freni idraulici dell’L-39 funzionano solo a motore acceso. E per accendere il motore ho bisogno di attaccare l’aereo al gruppo esterno a muro. Che è in fondo alla pista. La capra, il cavolo e il lupo, ma in Groenlandia; con il meteo che peggiorava e una dannata fretta di partire. 

Allora che si fa?

Due dei loro tecnici per ogni ala, a frenare l'aeroplano in discesa. Io, sotto l’aeroplano, a tenere la barra corta attaccata alle ruote per farle sterzare ma senza alzarla troppo, perché c’era il rischio di rompere il sensore che c'è sulla ruota. 500 metri in discesa, piegato in due, con questa diamine di tuta da ammaraggio addosso. Non ero ancora partito che ero già fradicio. Finalmente spostiamo l'aeroplano e lo mettiamo in carica e penso: ora viene la parte facile.


Vado su in torre, dove i ragazzi mi aiutano a pianificare la rotta. Mi serve tempo per prepararmi a partire come si deve. E magari farmi anche una doccia, dopo la sessione di pesi. Già la rotta. A me serviva un livello 230, ma loro mi dicono: 

“Eh, dipende a che ora parti, perché c’è quel bimotore che partirà a breve…”

“No, beh, conto di partire dopo il bimotore.”

“Allora mi sa che non ti daranno più di 190 di quota.”

“Scusa??? No, no: io ho bisogno di 230”

Qual è la differenza? I motori a reazione sono progettati per rendere bene in quota. Più alto vai, meno consumano. Questa macchina qua può andare su fino a 41 mila piedi, dove volano gli aeroplani di linea. 

Poi, non andiamo mai a 40 mila piedi perché la strumentazione di bordo necessaria oggi deve avere un livello di tolleranza che una macchina prodotta dal 1974 non ha. Quindi siamo ristretti a livello di volo 280, cioè 28 mila piedi. Poi, con quei due grossi carichi sotto le ali, i serbatoi aggiuntivi per fare la trasvolata, la migliore efficienza, cioè dove consumi meno benzina, ce l'hai a quota 230: più in basso sei, più consumi; e più consumi, meno hai probabilità di arrivare a destinazione. Ergo, volare a livello di volo 230 è una questione vitale. Ma con un aeroplano davanti a me, a fare la stessa rotta, non mi avrebbero potuto dare la stessa rotta, per motivi di sicurezza. Non avrei nemmeno potuto abbassarmi di quota una volta superato il bimotore: quella rotta non ha controllo radar; quindi, dalla torre non possono distanziarti dall’altro aereo. Loro ti separano in base al riporti di posizione che tu gli dai. L'unico modo di farlo è separare per livelli e per tempo. Quindi, il primo a partire si tiene quella rotta. E a me serve. 

No ragazzi, io devo andare via di qua! Io che pensavo andare su capito... asciugarmi un attimo il sudore... No, no. Tutto addosso, di corsa: prendi lo zaino, vai, corri giù in aeroplano, di nuovo prendi la clearance, metti in moto, parti! 


Nel frattempo, il meteo è peggiorato, come non poteva che fare. Per decollare dall’aeroporto di Narsarsuaq, guardi le montagne intorno e vai navigando attorno al fiordo, fino a quando hai una quota sufficiente per poter fare una virata e andartene verso l'Islanda. Cosa succede quanto hai solo 4 chilometri di visibilità? Quando stai pilotando una macchina come l’L-39, che è molto veloce, con 4 chilometri di visibilità non hai tempo di reazione. Non puoi affidarti alla vista per decollare in sicurezza. Me lo aspettavo e mi ero programmato i punti sul GPS, affinché mi tenessero in centro al fiordo. Uno dietro l'altro, quindi ho pilotato la macchina sugli strumenti fino a quando sono riuscito a salire a 7.500 piedi.  

Volare sugli strumenti è impegnativo: in base alla traccia che hai impostato, lo strumento di bordo ti dice se sei a destra o a sinistra. Quindi tu vai a correggendo la prua del velivolo per tenerla sul percorso di decollo che hai stabilito. Questo è molto intenso, soprattutto su di una macchina che non ha la strumentazione moderna ed è così veloce da darti tempi di reazione molto brevi. Neanche salire a velocità minima poteva essere una buona scelta: sì, certo, avrei avuto più tempo di manovra, ma avrei sprecato troppo carburante in decollo. E a me il carburante serviva che rimanesse il più possibile nel serbatoio, per avere margine all’arrivo. 


Una volta che sono arrivato a 7500 piedi, che ero sicuro di essere al di sopra di queste montagne qua. Poi ho iniziato la mia virata per andare verso l’Islanda: sono arrivato a 12-13 mila piedi ed il resto è stato facile: la macchina ha un autopilota che è molto valido quando è in quota. Non lo può aiutare per fare un decollo del genere, ma riesce a stabilirsi abbastanza bene una volta che è in quota. 


Sono arrivato in Islanda molto bene, con un sacco di carburante extra in Islanda, perché ho impostato il volo per restare il più in alto possibile. E quindi ho fatto un avvicinamento praticamente verticale all'aeroporto: una cosa che un altro aeroplano non riuscirebbe a fare. Con l’L-39 sono rimasto il più a lungo in quota e sono sceso a kamikaze. 


Sono andato all’ FBO, ho fatto rifornimento e ho anche caricato anche l'azoto, che la macchina impiega per pressurizzare la cappottina dell’abitacolo, perché a livello di volo 230 tu non respiri: devi pressurizzare l’abitacolo o in alternativa devi indossare la maschera dell’ossigeno. Con l’azoto si gonfia una camera d’aria in gomma che corre lungo tutta la cappottina e fa tenuta lungo tutti i bordi di aggancio.


A terra, carichiamo tutto quanto sono pronto ad andare, ma i permessi per la Scozia non sono arrivati. E allora sono rimasto bloccato lì una notte. 


Da programma, il terzo giorno avrei dovuto finirlo in Scozia. Invece ho finito per dormire in Islanda.  


Uno dei problemi ce lo abbiamo avuto con le procedure dell’Ente dell’Aviazione britannico. Il problema è che il team della World Fuel aveva contattato l'Ente chiedendogli l'emissione espressa del permesso all'autorizzazione dall'atterraggio. Per ben due volte, gli hanno risposto che per il troppo traffico non sarebbe stato possibile accelerare la procedura di autorizzazione, neanche pagando il sovrapprezzo: per ottenere l’autorizzazione, avremmo dovuto aspettare i normali cinque giorni dalla data della richiesta, che sarebbero scaduti il giorno successivo. Ergo, una serata da turista in Islanda.  

Com'è stato il pernottamento in Islanda? Non c'ero mai stato. Sono andato a cena: ragazzi! 

Un piatto di pesce, una birra: 54 euro. È carissimo! Via di qua, veloce!

Di buono c’è che quella è stata una giornata calma e ho avuto tempo da recuperare per me stesso. 


Quando viaggi verso est perdi fusi. Aver potuto essere nella Camera d'albergo un po’ prima e cercare di dormire più a lungo mi è servito. Però, sempre con l’incertezza dell’autorizzazione da ottenere il giorno dopo. Non ce l’avevamo la certezza che ce lo dessero. Quelli della World Fuel mi avevano avvisato che prima delle 11 non sarebbe arrivata nessuna comunicazione. Meglio così: avrei avuto modo di svegliarmi alle 8.30 per una buona volta: due ore di riposo in più. 


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