Rotta dell'L-39 per Goosebay
Rotta dell'L-39 per Goosebay

Goose Bay

YYR
UAK
Dakota drive
Happy Valley-Goose Bay, NL
Groenlandia
Aeroporto di Narsarsuaq
TAKE OFF 13:15 UTC
LANDING 16:24 UTC

A Goose Bay, in Labrador, ho fatto l’ultimo scalo in Nord America, prima di affrontare il primo tratto di Oceano Atlantico. Da Québec City fino a Goose Bay è stato un volo piuttosto breve. All’arrivo ho fatto quello che si chiama uno scalo tecnico, solo per fare l’aggiornamento e sono ripartito. Quello è stato un momento abbastanza concitato. Quello è il momento in cui ti prepari a volare sull’acqua. 


Ti metti la tuta arancione, che serve in caso di ammaraggio nelle acque fredde dell’Atlantico del Nord e pensi: “ok, qui si fa sul serio.”  Poi ti danno anche il canotto. Da mettere in cabina. Solo che in un L-39Albatross, la cabina è piccola. Davvero piccola. Io ho dovuto fissarlo sopra il poggiatesta del mio sedile eiettabile. E mentre lo fissi, pensi: “speriamo davvero di non doverlo usare.” E tutta una serie di pensieri, è inevitabile, ti attraversa la testa. È un volo sull’acqua. Lontano dalla terra. In solitaria. Su un monomotore. È il mio lavoro e devo conviverci, ma il pensiero è lì, che ti tiene compagnia: come me la cavo nel caso peggiore? La paura è lì che ti accompagna. Io sono un professionista del volo: sono abituato a controllare ogni preparazione, per fare ogni cosa al meglio. L’unico aeroplano sicuro al 100% è quello che resta a terra. E io a terra non ho tempo di restarci. Io devo arrivare a destinazione. È il mio lavoro. È la mia passione. 


Dal momento che l'aeroplano esce dall'hangar, il pilota si sta assumendo dei rischi. Cosa vuole dire? Che il comandante del veicolo è colui che giudica quanto alti sono i rischi. Soppesa, e dopodiché, dall'altro lato, valuta i benefici. E allora è un è una bilancia. 


Sono a Goose Bay, la macchina è in una condizione tecnica e impeccabile. La meteorologia favorevole, ora e qui. Ma l’incognita restano i venti, perché la macchina può stare in volo tre ore e mezza. Però tre ore e mezza, se hai 20 nodi di vento in fronte, tu non arrivi a destinazione in tre ore e mezza: una parte della tua spinta, del tuo carburante, lo sprechi solo per non retrocedere. 

Da Goose Bay a Narsarsuarq ci sono 672 miglia nautiche. Stiamo parlando di mille chilometri. Una rotta che devi aver pianificato molto bene perché sai che c’è un punto oltre il quale tu non hai più benzina per tornare indietro. C’è un punto di non ritorno, prima del quale devi decidere se proseguire o tornare indietro con abbastanza carburante per non finire in mare. Ammesso e non concesso che il velivolo non abbia dei guasti nel frattempo. Vuol dire che tu parti con questo bagaglio, con questo peso sulle tue spalle e vi assicuro che quando sei a livello di volo 230 (23 mila piedi, 7 km circa) voli con un occhio inchiodato sul combustibile, un occhio inchiodato sugli strumenti motore e un occhio inchiodato sulla velocità al suolo che stai tenendo per capire se ce la facciamo oppure se a un certo punto, giri di centottanta gradi e torni a casa. Quello sì, è stato davvero impegnativo. Io non sono uomo di fede, ma se lo fossi stato, una preghiera sarebbe stata una delle prime cose da fare. 


Bene, allora secondo problema, è probabilmente il problema più pressante. Tu stai in volo due ore e venti per quella tratta del secondo giorno. In due ore e venti, normalmente in un posto come la Valle d'Aosta, tu guardi fuori dalla finestra e puoi farti un’idea approssimativa di come possano cambiare le condizioni. 

La Groenlandia è femmina. Il meteo groenlandese è mutevole. Cambia idea troppo spesso e senza preavviso. Questo cosa vuole dire? Vuole dire che speravo di avere la GoPro pronta a fare il filmato delle distese della Groenlandia e dei suoi fiordi. Invece sono arrivato sull'aeroporto con il minimo dei minimi di carburante possibile. Insufficiente per potere andare all'altro aeroporto della Groenlandia. In una zona come l’Europa o gli Stati Uniti, alcuni aeroporti sono vicini tra loro: se non riesci per qualche motivo ad atterrare in uno, puoi sempre proseguire e atterrare al prossimo. In Groenlandia ci sono tre aeroporti. Uno troppo lontano. Il più vicino a Narsarsuaq, a 600 km. Potevo solo atterrare a Narsarsuaq, a qualunque condizione.


E le condizioni non potevano essere peggiori. La visibilità era assolutamente ai minimi. La pista di Narsarsuaq è vicino al mare. Dalle montagne in lontananza scende fino al mare una lingua di terra scavata dai ghiacci. È quello che resta di una murena glaciale. La pista, e l’agglomerato di case che sarebbe un’esagerazione chiamare villaggio, stanno alla fine della striscia di terra. Al centro rispetto alle montagne. Già nelle migliori condizioni metereologiche è una pista impegnativa. Al mio arrivo c’era un enorme, compatto tappeto di nuvole. Che dovevo attraversare per scendere. Senza vedere la pista. In un aeroporto normale ci sarebbero stati più percorsi ottimali possibili. Lì uno soltanto. Gli altri, decisamente molto meno: di fronte ci sono le montagne; nel mezzo, la valle glaciale, che convoglia tutto il vento. Si atterra verso le montagne e si riparte all’opposto, allontanandosene. Atterri in un verso e decolli nell’altro. Bene, ero sopra la pista. Coperta di nuvole. A circa milletrecento metri d’altezza. Ho visto un varco e mi ci sono fiondato, prima che chiudesse. Il problema è che da quella posizione lì, l'atterraggio giusto per la pista non lo riesci a fare. Ero troppo angolato rispetto alla pista. L'unica altra soluzione era atterrare al contrario, avvicinarmi alle montagne, girare e scendere, lasciandomele alle spalle. Ho dovuto fare un avvicinamento continuo in discesa. Grazie al cielo ero a bordo di un L-39, e sono riuscito a fare quella manovra, che con un altro velivolo sarebbe stata impossibile. E sono riuscito a metterlo a terra. Come se non bastasse, la pista – che è più corta di quella di Aosta - risale dal mare verso l’entroterra. Dal lato da cui sono atterrato, è in pendenza. Molto in pendenza. Il che rende più difficile fermarsi dopo l’atterraggio. Se non ce la fai, sei in acqua. 


E quindi, sono atterrato al contrario. Non so dirvi quanti l'abbiano mai fatto. Sono sicuro che lo si faccia anche con altri velivoli, ma fa quella posizione, a quelle condizioni, credo pochi. Appena atterrato, il controllore di volo mi ha detto:

"Non pensavo che ce la facessi.”


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